venerdì 2 maggio 2014

E l'innovazione

Così per curiosità ho provato a prendere in mano i dati dell'ufficio brevetti americano sul numero di brevetti registrati, divisi per nazionalità del richiedente. L'idea è che il numero di brevetti registrati è una misura dell'innovazione tecnologica di un paese. Se, ad esempio, il declino dell'economia italiana fosse dovuto a ritardi nell'innovazione, potremmo aspettarci che esso sia rivelato da un declino nel numero di brevetti registrati rispetto a quelli degli altri paesi.

Ho considerato il periodo 1963-2013 (51 anni) per cui i dati sono disponibili. La figura che segue mostra l'andamento del numero assoluto di brevetti tedeschi, francesi e italiani. Si vede chiaramente che sono tutti in crescita, anche se a occhio è difficile confrontare le pendenze.


Se invece consideriamo il rapporto tra il numero di brevetti registrato da ciascuno dei tre paesi e il numero di brevetti registrato congiuntamente da tutti e tre, anno per anno, vediamo meglio l'andamento relativo:



Vediamo che in sostanza gli andamenti sono costanti su tutto il periodo considerato. La Germania ha sempre presentato circa il 65% dei brevetti, la Francia il 25% e l'Italia il rimanente 10%. Questo significa che, se è vero che l'Italia brevetta meno (probabilmente perché fa meno R&D, ma anche perché è un'economia relativamente più piccola di Francia e Germania) è anche vero che non ha cominciato a brevettare meno degli altri dalla fine degli anni '90, periodo a cui si associa l'inizio del declino. Sulla base di questi dati si sarebbe quindi portati a concludere a sfavore dell'ipotesi che la mancanza di innovazione tecnologica sia responsabile dell'attuale declino dell'economia italiana.



lunedì 10 marzo 2014

Vediamo un po' se da ignorante posso fare un modellino per capire quanto incide una svalutazione sull'inflazione, sotto diverse ipotesi di adeguamento dei salari.

Chiameremo lira la moneta di casa nostra e dollaro la moneta estera (una sola per semplificare).
Diciamo che prima della svalutazione il prezzo di un paniere di beni al consumo era p.
Dopo un dato intervallo di tempo dalla svalutazione diventa p'.
Chiamiamo c il numero di lire che mi servivano per comprare un dollaro prima della svalutazione e c' il numero di lire che servono per comprare un dollaro dopo la svalutazione.
Supponiamo che le abitudini di consumo non cambino, insomma che il paniere resti lo stesso.

L'inflazione sarà i = (p' - p)/p e la svalutazione sarà x = (c' - c)/c. Cerchiamo una relazione tra p' e p in termini di c e c' in modo da ottenere un'equazione. Assumiamo:

p = p0 + k l + j

Dove p0 è il prezzo della frazione del paniere costituita da beni importati (iPad, latte austriaco, ...). Invece kl + j è il prezzo dei beni prodotti sul suolo nazionale, che dipende dai salari pagati ai lavoratori (indicati dalla lettera l) e da costi fissi (indicati da j). A moltiplicare l c'è k, che è una costante (verosimilmente maggiore di 1: se assumo un lavoratore per 100 euro ne spendo più di 100).
Dopo la svalutazione avremo:

p' = c' p0/c + k l' + j'

assumendo che il costo dei beni esteri ora sia più alto di un fattore c'/c ovvero che le aziende estere lascino invariato il prezzo in dollari dei beni esteri (cosa che potrebbe anche non essere: potrebbero ridurlo, ma tant'è). Siccome vogliamo discutere gli effetti di una scala mobile lasciamo anche che i nuovi salari siano diversi, diciamo l' > l. Inoltre potremmo voler tenere conto del fatto che anche i costi fissi cambiano, magari perché si usano anche materie prime importate, così j' > j. Diciamo che j = h + n e che j' = c' h /c + n dove n sono i costi fissi non legati a materie prime importate, h quelli che invece dipendono da materie prime importate.

Calcoliamo l'inflazione:

i = (p' - p)/p = [c' p0/c + k l' + j' - (p0 + k l + j)]/p = x p0/p +  [k l' + j' - (k l + j)]/p

e sostituiamo j = h + n e j' =  c' h /c + n, trovando


i = x p0/p +  [k l' + c' h/c - (k l + h)]/p = x (h + p0)/p +  k (l' - l)/p

Vediamo che il primo pezzo x (h + p0)/p è la frazione (in prezzo nel paniere) di beni al consumo importati direttamente più la frazione del prezzo del paniere che dipende da materie prime importate, moltiplicata per la svalutazione. Ad esempio, se per ora trascuriamo il secondo pezzo, e supponendo di importare il 10% dei nostri beni, p0/p = 0.1, e se supponiamo che il prezzo dei beni nazionali sia determinato al 10% dal prezzo del greggio e di altre materie prime importate (sono numeri buttati lì per fare un esempio per ora) abbiamo h/p = 0.1 e quindi il primo pezzo diventa 0.2x. Ovvero, trascurando la seconda parte, che dipende da cosa fanno i salari, avremmo una inflazione pari a un quinto della svalutazione. Ovviamente stime diverse di p0/p e di h/p cambiano il valore ottenuto. Inoltre c'è probabilmente da considerare che anche i beni esteri hanno valore aggiunto localmente (trasporto, vendita al minuto, marketing, supporto cliente, ...).

Per quanto riguarda il secondo pezzo, chiamiamo f = kl/p ovvero la frazione del prezzo del un paniere di beni che dipende dal lavoro nazionale. Otteniamo

i = x (h + p0)/p +  f (l' - l)/l

e (l' - l)/l è la variazione dei salari. Se il salario nominale rimane invariato l' = l e questo pezzo va a 0. Se invece lasciamo invariato il salario reale (scala mobile perfetta) si ha (l' - l)/l = i e quindi

i = x (h + p0)/p +  f i

Possiamo risolvere per i! Quindi

i = [x (h + p0)] / [(1 - f) p]


Per cui se f ad esempio è 0.5 (metà del prezzo di tutto il paniere è dovuto ai salari, cosa che corrisponde a una frazione più alta se considero solo i beni nazionali) mi trovo ad avere un fattore 2 davanti.

Allora supponiamo di indicizzare completamente i salari, supponiamo che le abitudini di acquisto non cambino e che le aziende estere non adeguino il listino prezzi in dollari, supponiamo che il lavoro pesi per la metà (50%) del prezzo dei beni prodotti, che importiamo il 10% dei prodotti, che ci sia una svalutazione del 20%, che il peso delle materie prime estere sia del 20% (n/p vale quindi 1 - 0.1 - 0.2 - 0.5 = 0.3) otteniamo:

i = 0.2*(0.2 + 0.1) / (1 - 0.5) = 0.12

Cioè una inflazione del 12%. Se invece non indicizziamo i salari, nella stessa situazione, avremo una inflazione del 6%. Una indicizzazione parziale porterà risultati intermedi.

Vi torna il conto?